SAN BARTOLOMEO IN GALDO

DESCRIZIONE DELLA TAPPA

Circondato da verdi colline, il suo territorio è ricco di sorgenti e corsi d’acqua, e le sue campagne sono ricche di alberi da frutta e vigneti. Il toponimo San Bartolomeo in Galdo ha una doppia origine, deriva sia dal culto del Santo, le cui reliquie sottratte ai Saraceni furono portate in Benevento dal principe longobardo Sicario, ma anche dall’istituzione longobarda del gualdum, ossia una realtà economica agricola,  ricavata dalla colonizzazione di un bosco (wald). Nel 1255, le truppe pontificie vi sconfissero i Saraceni di Lucera, e il borgo di San Bartolomeo fu distrutto e il suo territorio dato alla Badia benedettina di S. Maria a Mazzocca. Con l’avvento degli Angioini (1266), l’abbazia divenne scenario di continui conflitti. Nel 1327 Roberto D’Angiò ordinò la ricostruzione del borgo, definendone la posizione elevata rispetto al fiume Fortore e dotandone il nucleo abitato di mura e di porte, di torri e fortificazioni. Nel 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, la popolazione insorse in moti rivoluzionari, sedati tragicamente nel sangue. Seguì un’epoca dura: terremoti, epidemie, alluvioni e l’epidemia della peste nel 1656.  Lentamente la città si riprese superando anche la crisi demografica. Nel 1732 il Vescovo di Volturara divenne signore del feudo che passò poi sotto la giurisdizione dell’Ordine dei Gesuiti. Nel periodo di dominazione francese con Gioacchino Murat (1806-1815) ebbero luogo importanti cambiamenti, tra i quali l’abolizione del sistema feudale e la soppressione degli enti ecclesiastici, con la conseguente crescita del numero dei proprietari e l’aumento di dimensioni della proprietà.