La lavorazione con filo rappresenta una forma di artigianato esclusivamente femminile e forse è per questo che si è radicata soprattutto nei comuni interni dell’Irpinia, dove la vita quotidiana veniva scandita solo dai ritmi e dai tempi del lavoro domestico, e dove era usanza delle signore più anziane sedere sull’uscio di casa a ricamare il corredo, trasferendo così il loro sapere alle più giovani. La tradizione voleva che, in occasione della processione del Corpus Domini, come segno di reverenza e preghiera, ogni recamatora appendesse i propri preziosi ricami ai balconi: un’occasione questa, anche per mostrare i lavori all’intero paese. A suo modo, questo tipo di artigianato femminile rappresentava anche un’integrazione al modesto reddito di una economia essenzialmente a conduzione familiare, ma che prevedeva dei tempi troppo lenti ed antieconomici, per cui condannato a non sopravvivere all’avvento dell’era tecnologica. Una variante molto caratteristica del ricamo è rappresentata dal Tombolo, praticato ormai solo nei comuni di Montefusco e Montecalvo Irpino, per quanto riguarda l’Irpinia, mentre, per il Sannio, va indicato Cerreto Sannita. Il termine deriva dal latino “tumulus” che stava ad indicare un ponticello, ovvero un rialzo da terra. Il termine si riconduceva al verbo “tombolare”, ossia cadere. Questo richiama appunto il movimento in caduta dei fuselli quando il filo, cui essi sono legati, si intreccia ad altri fili. La ricamatrice si serve di un cuscino, detto appunto tombolo, su cui traccia il disegno del ricamo da realizzare. Il lavoro a tombolo rappresenta certamente l’applicazione più fantasiosa delle capacità manuali, ma implica anche uno sforzo certosino di grande precisione e pazienza.