Qualche tempo fa, passeggiando per le stradine del centro storico di Salerno, alle spalle del duomo, mi sono imbattuta per la prima volta nel Museo Diocesano San Matteo, scrigno di rare bellezze. Il Museo, un tempo sede del seminario arcivescovile, è stato riaperto nel dicembre 2011 dopo una lunga chiusura e rappresenta con la sua collezione una testimonianza della grandezza e vivacità che la città di Salerno raggiunse in epoca Longobarda e che mantenne fino al Seicento.
All’interno, risalendo lo scalone in pietra, nella prima sala, una luce fioca sembra invitarti ad entrare. Una sala cupa, le cui pareti sono completamente granata, è tagliata da una fascia di luce orizzontale che illumina la collezione di circa settanta pezzi in avorio. La disposizione quasi circolare di essi coinvolge, cattura e immerge in un mondo medievale fatto di storie, di gesti, di luoghi ma soprattutto di persone. La perfezione di ogni singola tavoletta stupisce, la precisione geometrica della forma, la loro lucentezza, i loro intagli… è impensabile che ogni singolo pezzo sia stato ricavato da pezzi conici quali zanne di elefanti e minuziosamente lavorate. La narrazione degli eventi è così coinvolgente da sembrare una Bibbia parlante, il linguaggio delle immagini è semplice, il racconto è cronologico.
Il ciclo si apre con la rappresentazione dei sei giorni della Creazione, prosegue con le scene del peccato dei progenitori, la storia di Noè, dei profeti e di Mosè. La seconda parte invece è interamente dedicata alla vita di Cristo (Infanzia, Vita pubblica, Miracoli, Passione, Resurrezione e Pentecoste), qui le tavolette si affollano di personaggi, di sfondi architettonici minuziosamente riprodotti, sentori d’arte islamica s’intrecciano con quella che doveva essere la cultura mediterranea del XII secolo. Nel complesso l’intero ciclo eburneo riporta in immagini un progetto teologico finalizzato al tema della Salvezza attraverso la Chiesa.
Le singole tavolette catturano l’attenzione e immergono l’osservatore nel loro mondo. La lettura delle singole formelle detta il movimento del visitatore, un movimento lento, come lento era il tempo del Medioevo.
Gli avori di Salerno, sebbene ancora poco noti, rappresentano una delle più grandi opere eburnee presenti al mondo ma in realtà ciò che li rende unici è l’alone di mistero che gravita su di loro. I numerosi enigmi riguardo la data, il luogo di realizzazione, il committente, gli intagliatori e l’oggetto che probabilmente andavano a costituire… rimangono tutti sono ancora irrisolti!